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sesto cantare 201

23.
Per la gran calca nel passar le porte
Convenne a ognuno andarne colla piena;
Ma la strega non ebbe tanta sorte,
Chè tienla il can che quivi sta in catena.
E perchè per tre bocche abbaia forte,
Ella dice: ti dia1 la Maddalena.
E intanto trova il pane e in pezzi il taglia,
E in tre gole, ch’egli apre, gliene scaglia.
24.
Il mostro, che mangiato avria Salerno2,
Chè quanto a masticar quei ser3 saccenti
Voglion (perch’egli è guardia dell’Inferno)
Tenerlo sobrio, acciò non s’addormenti;
Ond’è ridotto per il mal governo
Sì strutto, che e’ tien l’anima co’ denti;
Perch’egli è ossa e pelle, e così spento,
Ch’ei par proprio il ritratto dello stento.
25.
Sicchè, quand’ei si sente il tozzo in bocca,
Perchè la fame quivi ne lo scanna,
L’ingozza, che nè manco non gli tocca
Nè di qua nè di là giù per la canna;
Ma subito gli venne il sonno in cocca4,
Ond’ei s’allunga in terra a far la nanna;
Chè il papavero e il loglio, ch’è in quel pane,
Faria dormir un orso, non ch’un cane.

  1. St. 23. Ti dia. Ti sia data, t’incolga la Maddalena. Era la campana della torre del Bargello che sonava quando alcuno andava alle forche. (Nota transclusa da pagina 276)
  2. St. 24. Salerno. Sassi. (Nota transclusa da pagina 276)
  3. Quei ser. I governatori dell’inferno. (Nota transclusa da pagina 276)
  4. St. 25. In cocca. In pronto; dalla corda dell’arco che è nella cocca, cioè pronta a lanciare. (Nota transclusa da pagina 276)