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218 malmantile racquistato

74.
Ma sta’ in orecchi, chè mi par ch’e’ suoni
Il nostro tabellaccio1 del Senato,
Sicchè e’ mi fa mestier ch’io t’abbandoni,
Perocch’io non voglio essere appuntato2.
A veder ci restavano i lioni,
Ma non posso venir, ch’io son chiamato:
Ed ecco appunto i diavoli co’ lucchi3;
Però lascia ch’io corra e m’imbacucchi.
75.
Dice la maga: vo’ venire anch’io
Perch’il veder più altro non m’importa,
Ed in questa città così a bacío4,
A dirla, mi par d’esser mezza morta.
Voglio trattar col re d’un fatto mio,
Ed andarmene poi per la più corta.
Ed ei le dice in burla: se tu parti,
Va’ via5 in un’ora, e torna poi in tre quarti.
76.
Tu vuoi, gli rispos’ella, sempre il chiasso.
Nel consiglio così ne va con esso,
Ove ciascun l’onora e dàlle il passo,
Sbirciandola un po’ meglio e più da presso.
Ella baciando il manto a Satanasso,
Lo prega ad osservar quanto ha promesso;
Ei gliel conferma, e perchè stia sicura,
Per la palude Stige glielo giura.

  1. St. 74. Tabellaccio. Strumento di legno con battagli a maniglia che si suona in luogo di campana. (Nota transclusa da pagina 282)
  2. Appuntato. Notato nel libro ove si segna chi manca alle adunanze, per fargli poi pagare una multa. (Nota transclusa da pagina 282)
  3. Lucco. Veste de’ magistrati. (Nota transclusa da pagina 282)
  4. St. 75. A bacío. A tramontana, All’uggia. (Nota transclusa da pagina 282)
  5. Va’ via ecc. Queste parole danno un senso assai diverso, se si costruiscono così: Va’ via ora in una, e torna (divisa) in tre quarti. (Nota transclusa da pagina 282)