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decimo cantare 365

23.
Orsù, dic’egli, all’armi t’apparecchia,
E vedrem se farai tante cotenne1.
A questo suono allor mona Pennecchia2
Dice fra sè: no, no, non tanto ammenne3,
Sarà meglio qui far da lepre vecchia.
E senza star a dir pur al cui vienne4,
Fa prova, già discesa dal destriero,
Se le gambe le dicon meglio il vero.
24.
Le guarda dietro Calagrillo e grida:
M’avessi detto almen salamelecche!
Volta faccia, vigliacca, ch’io t’uccida
E ch’io t’insegni farmi le cilecche5;
Così tu, che intimasti la disfida,
Mi lasci a prima giunta in sulle secche?
Ma fa’ pur quanto sai, ch’io ho teco il tarlo,
E ti vo’, se tu fossi in grembo a Carlo6.
25.
Se al cimento, dic’ella, del duello
A furia corsi, or fuggolo qual peste;
Però va ben, che chi non ha cervello
Abbia gambe; e così mena le seste7
E intana di ritorno nel castello,
Perocchè dopo il muro salvus este.
Gridi egli quanto vuol, la va in istampa8,
Chè per le grida9 il lupo se ne scampa.

  1. St. 23. Cotenne. Bravure. (Minucci). Forse cose o covelle in lingua ionadattica. (Biscioni.) (Nota transclusa da pagina 422)
  2. Mona Pennecchia. Detto derisivo alle donne. (Nota transclusa da pagina 423)
  3. Ammenne. Non tanta furia, fretta. Forse viene da quella tempesta di Amen che per lo più regalano ai devoti i cantanti nelle messe in musica. (Nota transclusa da pagina 423)
  4. Vienne, chè io me ne vado. Senza metter tempo in mezzo. (Nota transclusa da pagina 423)
  5. St. 24. Le cilecche. Vedi c. VII, 25. (Nota transclusa da pagina 423)
  6. Carlo Magno. In grembo a Giove. (Nota transclusa da pagina 423)
  7. St. 25. Le seste. Le gambe. (Nota transclusa da pagina 423)
  8. La va in istampa, Significa È un dettato divulgatissimo. (Nota transclusa da pagina 423)
  9. Per le grida. Finchè non trattasi d’altro che di grida. (Nota transclusa da pagina 423)