32. Amostante, che vede tal flagello
D’un’arme non usata più in battaglia,
Alza la spada, e quando vede il bello,
Tira un fendente e in mezzo gliela taglia.
Riman brutto Sperante, e per rovello
Il resto che gli avanza all’aria scaglia;
Vola il troncone, e il diavol fa ch’ei caschi
Sulla bottiglieria tra vetri e fiaschi. 33. Dalle diacciate bombole1 e guastade
Il vino sprigionato bianco e rosso
Fugge per l’asse, e da un fesso cade
Giù dov’è Piaccianteo, e dàgli addosso.
Ei che nel capo ha sempre stocchi e spade,
A quel fresco di subito riscosso,
Pensando sia qualche spada o coltello,
Si lancia fuora, e via, sarpa2, fratello. 34. Ma il fuggir questa volta non gli vale,
Perch’Alticardo, ch’al passo l’attende,
Il gozzo gli trafora col pugnale
E te lo manda a far le sue faccende;
Così dal gozzo venne ogni suo male,
Per lui fallì, per lui la vita spende;
E vanne al diavol, che di nuovo piantalo
A ustolare3 a mensa appiè di Tantalo.
↑Sarpa. Salpa, se ne va. L’aggiunta della voce fratello è posta per enfasi, e quasi per un giuro. (Minucci.) (Nota transclusa da pagina 449)
↑St. 34. Ustolare. Si dice propriamente de’ cani che mangian quasi le vivande cogli occhi. È noto come Tantalo fu condannato anch’egli a ustolar sempre in inferno. (Nota transclusa da pagina 449)