Pagina:Liriche di Sergio Corazzini, Napoli, Ricciardi, 1935.djvu/17

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PREFAZIONE

XIII

tima eco del suo spasimo si incrocierebbe fatalmente con altre voci difformi e con l’eco di altri spasimi che furono sconosciuti al suo spirito. E il contrasto non potrebbe se non inquinare la pura onda di dolorosa poesia di quella nostra indimenticata adolescenza comune.

Per codeste ragioni come io ho inteso di prescindere in questa mia nota da ogni valutazione critica della poesia di Sergio Corazzini, così ho sconsigliato una cernita dei versi e delle prose la quale avrebbe presupposto quella valutazione. Ma altri, forse, non saprà fare a meno di compierla. E, forse, più d’uno, che io vorrei dissuadere dall’inutile impresa. A che giova infatti che qualcuno venga a ridirci oggi quanto di Samain, di Jammes, di Rodenbach sia passato nel poetico languore di Sergio Corazzini e nella sua cristiana umiltà rassegnata o fino a qual punto egli abbia derivato da Laforgue certi suoi commoventi tentativi di difendersi, con un pallido sorriso d’ironia, dalla tormentosa coscienza del suo destino e dal martirio di una sensibilità sempre più esacerbata e dolente? Codeste indagini che investono sopratutto le parentele spirituali fra scrittori possono essere condotte sull’opera che un poeta fornisce con la coscienza di essere un poeta, non sulle pagine di un