Pagina:Liriche di Sergio Corazzini, Napoli, Ricciardi, 1935.djvu/18

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XIV

PREFAZIONE

giovane il quale, in un impeto di dolorosa sincerità, solo perchè gli altri non lo chiamino poeta, discopre il suo volto più vero. Riaprite le prime pagine del «Piccolo libro inutile» e ascoltate quel murmure lene e accorato che quasi disdegna di comporsi in parole e in ritmi per dire che il fanciullo ignora le parole e i ritmi di quelli che il mondo chiama poeti:

     Perchè tu mi dici poeta?
     Io non sono un poeta.
     Io non sono che un piccolo fanciullo che piange
     Vedi: non ho che le lagrime da offrire al silenzio.
     Perchè tu mi dici: poeta?

E sopratutto meditate questa rassegnazione:

     Oh! Io sono veramente malato!
     E muoio un poco ogni giorno.
     Vedi: come le cose.
     Io so che per esser detto poeta conviene
     viver ben altra vita!
     Io non so, Dio mio, che morire!
     Amen!

La sua poesia infatti non era se non l’ombra proiettata sul suo volto di giovinetto esangue della morte imminente che l’aveva in suo dominio da quando egli aveva cominciato a conoscere e amare la vita. Da allora Sergio sentì davanti a sè la nemica invisibile e da