Pagina:Liriche di Sergio Corazzini, Napoli, Ricciardi, 1935.djvu/64

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IL FANALE



Torbido e tristo nella solitaria
via, davanti la porta del postribolo,
affioca e il buono incenso del turibolo,
forse, è la nebbia che fa opaca l’aria.

Mai sacerdote curvo per i sacri
facili gradi d’un superbo altare,
seppe con dolce sapienza fare
omaggio a i freddi e vani simulacri

Per i vetri malchiusi, a tratti, un grido
fugge e ne trema il cuore del fanale
e pensa la corsia d’un ospedale
e un vuoto desolato nel suo nido.

Nido, chè, all’alba, sempre una leggiadra
bocca una cara nostalgia d’aprile
diffonde, giù, nel piccolo cortile
che sogna il sole e fosche nubi inquadra.