Pagina:Liriche di Sergio Corazzini, Napoli, Ricciardi, 1935.djvu/88

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siamo semplici, non abbiamo mai comprese queste parole, sarà, forse, perchè siamo così sole e così sconsolate, da tanti anni, in questa camera chiusa!


Oh, gli occhi aperti smisuratamente nell’ombra terribile, sono così simili a noi! Sanno vedere ma non possono vedere.


Per quanto ci disfaceremo nel buio come le stelle dietro le nuvole? Per quanto la nostra cecità apparente, ci vieterà il sole, o, forse anche, un poco di dolce luna?


Come tante piccole monache in clausura, noi, povere cose, viviamo e morremo. Pietà! Pietà!


Quante rughe ci solcano! Siamo vecchie, oh così vecchie da temere la fine improvvisa. E la polvere che noi pensavamo cipria, ci seppellisce cotidianamente come un becchino troppo scrupoloso.


Come ci carezzavano le tende, piene di vento a primavera! Ella doveva carezzare così il nostro amico, doveva farlo morire di spasimo, così. Ora, anch’esse, come le vele di una decrepita barca inservibile, chiusa nel