Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/105

Da Wikisource.

ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti 99

di mezzo tra lei e me, gli altri non potevano vedere, perché tra loro e lei non era Amore che lo mostrassi. Parevami quello gentile desiderio parlassi al mio cuore e gli promettessi, dopo tanti affanni ed amorose persecuzioni, pace e riposo, presupponendo per la futura pace la passata guerra, e per riposo e quiete le fatiche ed affanni amorosi; perché tutti questi effetti dolcissimi mostravano quegli occhi. E, dubitando la donna mia che per li passati esempli io non prestassi forse interamente fede alle parole che gli occhi suoi mi dicevano, accompagnò questo pietoso desiderio d’uno amoroso sospiro; il quale, sendo mandato nunzio al mio cuore, uscí fuor del bianco petto della donna mia, testimone della pietá ch’era in essa, la quale pietá aveva messo nel cuore quello sospiro amoroso. Ed, avendo detto la cagione naturale de’ sospiri nella sposizione di quello sonetto che comincia: «Se ’l fortunato cor», ecc., non pare necessario qui dirne altro; ma bisogna intender che questo sospiro nacque nel cuore, il quale contrasse a sé per mezzo dell’alito l’aere per refrigerarsi, e, prima che esalassi e spirassi fuore, formò nella bocca della donna mia certe parole dolcissime ed amorose, per modo che e le parole e il sospiro parea che ad un tempo di quella bella bocca uscissi: perché, parendo alla donna mia non fussi forse sufficiente a testificazione della sua pietá ed amore né il segno degli occhi, né la testimonianza de’ sospiri, v’aggiunse quella delle parole, molto piú efficace testimonio che li due precedenti; acciò che il cuor mio, e per la efficacia del testimonio e pel numero sufficiente, essendo tre, avessi maggiore certezza. Furono le parole della donna mia tanto pie e belle e di tanto dolcissimo effetto, che Amore ne restò stupefatto. E per questo si debbe pensare quello intervenisse a me. Né si debbe maravigliare alcuno che crede questo, se non sono per me narrate formalmente le parole, perché, vinto dal medesimo stupore che vinse Amore, non solamente le parole, ma quasi dimenticai me stesso. È, a mio giudicio, il processo del presente sonetto assai naturale e secondo il vero, e perché chi ama, prima ne fa qualche segno cogli occhi, di poi di necessitá nasce il sospiro, perché il piacere del veder la cosa amata e quella ferma intenzione di vedere