Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/182

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176 iii - rime

Onde l’amor che dentro al cor bolliva,
come l’animo fa gentil e degno,
quasi vòlto in isdegno,
difficilmente comportò tal torto:70
e fu tale sconforto
che ’l cor di tanta ingratitudin prese,
che lasciò quasi l’amorosa scuola;
ma pur poi si raccese,
pensando alla bellezza al mondo sola.75
     Amor, che vede ogni sua pruova invano,
pensò nuova malizia, e la cagione
di tanta mia costanzia levar vòlse;
perché, levato il bel sembiante umano,
li par che sia levata ogni ragione80
di mia fede, ed a questo il pensier volse,
e parte di beltá da quella tolse
con fare scolorir quel dolce viso,
fede del paradiso
qui fra’ mortali, albergo d’ogni bene.85
Questo accresce le pene,
ma non giá scema la mia fede antica;
perché da questa mai mi potrá sciôrre
dolor, pianti o fatica,
né tu la sua bellezza li puoi tôrre.90
     Perché, se pur di tue bellezze spogli
questo gentile ed onorato fiore,
e tôi le penne a sí bella fenice,
a te tua prima preminenzia togli,
te privi e spogli del sovran tuo onore,95
della cagion la qual ti fe’ felice.
Questa del regno tuo è la radice;
questa è la tua baldanza e la tua gloria;
questa eterna memoria
dará di te alla prole futura:100
mentre che questa dura,
di questo mondo cieco guida e duce,