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iii - rime | 207 |
lxiii
Sonetto fatto a Napoli.
I miei vaghi pensieri ad ora ad ora
parlano insieme della donna mia
sí dolcemente, che il mio cor si svia
per girne a lei e di poi l’alma ancora.
Amor, che nel mio cor sempre dimora,
veggendo l’alma giá che sen va via,
mosso a pietate, assai leggiadra e pia
mi mostra quella che ’l suo regno onora.
Gli occhi, le man, la bocca e il bel sembiante
della mia bella donna ha tolto Amore
ed altra gentil donna n’ha vestita;
tal che, veggendo lei, le luci sante
mi par veder: cosí raffrena il core
Amor, che non si fugge con la vita.
lxiv
[«Amor sol quei c’han gentilezza e fede fa forti a rimirar l’alta bellezza».]
Chi ha la vista sua cosí potente,
che la mia donna possi mirar fiso,
vede tante bellezze nel suo viso,
che farien tutte l’anime contente.
Ma Amor v’ha posto uno splendor lucente,
che niega a’ mortal occhi il paradiso:
onde a chi è da tanto ben diviso
ne resta maraviglia solamente.
Amor sol quei c’han gentilezza e fede
fa forti a rimirar l’alta bellezza,
levando parte de’ lucenti rai.
Quel, che una volta la bellezza vede
e degno è di gustar la sua dolcezza,
non può far che non l’ami sempre mai.