Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/95

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ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti 89

participazione di miseria. E questo molto piú si conosce nelle cose che la passione e l’appetito governono, come sono i casi amorosi. Perché dicemo, nel comento del sonetto che comincia: «In qual parte andrò io» ecc., Amore non essere altro che una gentile passione. Questa medesima sentenzia conferma il presente sonetto, il quale è composto per dialogo. Perché nel primo quaternario parla il sonetto agli occhi miei lacrimosi: il secondo quaternario, che comincia: «Miseri noi», rispondono gli occhi; di poi il primo ternario: «Dunque qual disio», ecc., parla pure il sonetto agli occhi; l’ultimo ternario che comincia: «Natura», rispondono pure gli occhi. Ritornando adunque al principio, è necessario presupporre che gli occhi miei da grave e continuo pianto erono occupati; e per questo pareva maraviglia, essendo loro molto vicini, ed avendo quasi presente l’angelico viso della donna mia, nella visione del quale pareva consistessi la loro felicitá, come dicemo nel sonetto che comincia: «Occhi, io sospiro», ecc. Per questo pareva ragionevole prima confortare gli occhi a porre fine al pianto, perché presto vedrebbono la donna mia, la quale si poteva dire essere quasi presente. E, perseverando pure gli occhi nel pianto, molto convenientemente si domanda perché pure piangono e per che cagione il cuore sta nel petto tutto pavido e pieno di sospetto. Rispondono a questa proposta gli occhi, mostrando il pianto loro procedere per il dubbio che hanno della forza degli occhi della donna mia, la quale chiamano «bavalischio», il quale si dice avere per natura di uccidere solamente coll’aspetto degli occhi. E però, come cogli occhi solo lui uccide, cosí, dubitando gli occhi miei non potere sopportare lo sguardo della donna mia, la quale, se fiso gli mirassi, o farebbe priete degli occhi, come del resto del corpo, o converria l’alma spirassi e la vita si partissi, vedesi questi due dubbi, che mostravano gli occhi miei, essere fondati nella sperienzia di cose giá sute; perché, quanto al diventare priete, si legge di Medusa, come abbiamo detto; quanto alla morte, similmente abbiamo l’esemplo del bavalischio. Assoluto adunque il primo dubbio e mostra la cagione giusta del pianto, ne nasce un altro. E questo è che, dato che tale sospetto sia giusto, gli