Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/23

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viii - amori di venere e marte 17

     Baciar la bocca e la fronte serena,
i dua celesti lumi, e ’l bianco petto,
la lunga man d’ogni bellezza piena;60
     altra cosa è giacer nell’aureo letto
con la sua dolce amica, e cantar carmi,
che affaticar il corpo a scudo e elmetto;
     gustar quel frutto che può lieto farmi,
ultimo fin d’un tremante diletto.65
Tempo è d’amar, tempo è da spade ed armi.
     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .

Il Sole gli scuopre in quella:


     Ingiuria è grande al letto romper fede:
non sia chi pecchi in dir — chi ’l saprá mai? —
ché il sol, le stelle, il ciel, la luna il vede.
     E tu che lieta col tuo Marte stai,70
né pensi, il ciel di tua colpa dispone:
cosí spesso un gran gaudio torna in guai.
     Ogni lungo secreto ha sua stagione:
chi troppo va tentando la fortuna,
s’allide in qualche scoglio, è ben ragione.75
     Correte, o ninfe, a veder sol quest’una
adulterata Venere impudica
e ’l traditor di Marte: o stelle! o luna!
     Giove, se non ti par troppa fatica,
con Giunon tua gelosa al furto viene:80
non pecchi alcun, se non vuol che si dica.
     Vieni a veder, Mercurio, le catene,
acciò riporti in ciel di questo e quella:
ché nul peccato mai fu sanza pene.
     Pluto, se inteso hai ancor questa novella,85
con Proserpina tua lassa l’inferno;
ascendi all’aura relucente e bella.
     Alme che ornate il bel paese eterno
de’ campi elisî, al gran furto venite:
convien si scuopra ogni secreto interno.90


Lorenzo il Magnifico, Opere - ii. 2