Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/105

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canto sesto

Umile e grave accovacciossi; aprì
L’unto breviario, e mormorò latine
Forse bestemmie, che parean preghiere.
    200Giù dagli astri in quel punto, a par di scura
Aquila, che a l’ovil piombi improvviso,
Precipitava una procella, e il core
Discioglieva ai più fermi. Oscure, immani
Come monti di piombo, ingombran tutta
205Del ciel la faccia le sulfuree nubi;
Mugghian lividi i flutti, e d’ogni banda
Saltan sul mare ad azzuffarsi i venti.
Quinci aquilon prorompe, e quindi irato
Si scatena il ponente, e in un sol groppo
210Pugnan, come Titani: un le gravose
Nuvole afferra, e contro al mar le scaglia
Con immenso fragor; l’altro dai fondi
Gorghi del mar l’onde travolve, e al cielo
Furibondo le avventa, e sfida Iddio.
215Qual da robusto giocator, compulso
Dal dentato bracciale all’altro avverso
Il pesante pallon balza e resulta,
Tal dell’onde in balía, dei venti in preda,
Di qua spinto e di là, s’agita e batte
220Il rotante naviglio; ed or su ’l dorso
Del fiotto irato al ciel levasi, or piomba
Ruínoso tra’ flutti, e s’inabissa
Come cosa perduta. All’aer nero
Fra lo schianto dei tuoni odi un confuso
225Suon di strida e di preci, un disperato
Urtar d’opre e di cose, e un’insueta
Fratellanza di pianti e di paure.
Tu sol, fra tanto perdimento, il petto
Non concedi alla tema, inclito amico
230De’ soffrenti mortali; e l’alma e il braccio
Adoprando al governo, e da ogni parte



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