Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/163

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canto nono

                            ― E figlio nostro!
Battendo l’ali e pipilando, aggiunse
125Il Colombo divin; Brigida a dritto
Lo ricorda ai beati!
                            — Aüf! rispose,
Sorgendo a un tratto il bilíoso Iddio;
Io non ne posso più di questo eterno
Bisticciar fra di noi! Non son padrone
130D’aprir la bocca e darle fiato! Questa
Divinità, che non è tre nè uno,
Mi comincia a dar noia: un giorno o l’altro
Men purgherò! Gli dei stan bene in caffo,
E tre son troppi! —
                             Ammutoliron tutti
135All’acerba parola. Allor lo sguardo
Gittò il Dio su la terra; e poi che, a schermo
Del raggio dei vicini astri, la mano
Tremula pose tra la fronte e il ciglio,
E lungamente s’affisò, dal petto
140Un sospir trasse, e con solenne voce,
— Quello, disse, è un incendio! —
                             Al suon temuto
Della voce di Dio restâro immoti
Gl’immoti astri, ondeggiâr l’aure ondeggianti,
E, ruminando il rivelato enimma,
145Tornò ciascuno alle celesti alcove.
Non però torna il re dei Numi, o al sonno
Cede le membra, ancor che lasse: in parte
La più remota ei si ritragge, e seco
Vien la scorta sua fida. In sui ginocchi
150Questa gli s’adagiò; tutto gli prese
Fra le morbide mani il capo augusto,
E il baciucchiò teneramente. Assòrto
In un triste pensier nulla ei sentía
La dolcezza dei baci; ond’ella in fronte



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