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ricchezze e miserie 123


si compiono in loro danno da persone che calpestano le leggi, francheggiati dall’impunità loro garantita da autorità dimentiche dei loro doveri e destituite di senso morale. Noi vediamo non solo svolgersi un sistema di sfruttamento iniquo, ma violarsi altresì le leggi che dovrebbero garantire le mercedi. Così si commettono le più nere ingiustizie, così si ruba di bocca il pane a chi suda per guadagnarselo, così si perpetua uno sfruttamento infame delle classi lavoratrici. Noi non siamo disposti a renderci complici con un silenzio compiacente, il silenzio della stampa argentina più autorevole, di questo stato di cose, che è una ignominia per la Repubblica e che nessuna onesta penna deve tollerare.»

Ora nelle campagne migliaia di peones — braccianti — lavorano per la sola comida — il cibo — e che comida! In alcune colonie i contadini mancano di pane: a Sunchales, per esempio, ed a Sant’Agostino. Un corrispondente scriveva da San Luis alla Patria nel febbraio: «Se sono vere le notizie che arrivano, non solo i bestiami sarebbero morti per fame in questi dintorni — il che era noto — ma anche persone. Si ebbero casi di famiglie perite di miseria.» Se la notizia non era esatta era però, come si vede, tale da trovar credito, e fra le genti del luogo e a Buenos Aires, e sulle colonne dei giornali. Dalla stessa località arriva questa notizia: «la moneta ha completamente emigrato, e perciò il commercio funziona col sistema del cambio delle merci!» È un passo indietro verso le forme primordiali della civiltà.



Tutto questo ci mostra quali sono le maggiori vittime del contraccolpo della crisi generale. Possiamo quasi dire che se tutto il male è argentino, gran parte