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176 l’argentina e gli italiani

«Parla la lingua della gran Patria tua» — ha scritto Ruggero Bonghi. «Non senti come attraverso questa si sprigiona e si manifesta ogni idea della tua mente, ogni moto del tuo cuore? Nessuna lingua è più bella della tua. Nella tua lingua si rispecchia la storia della patria. Di secolo in secolo le generazioni, che hanno preceduto la tua, vi hanno deposto il loro animo e ve lo hanno trasmesso. Quando tu la parli nella purezza sua, tu vivrai non solo con patrioti che vivono, ma ancora con quelli altresì che hanno vissuto prima di te, e niente di forestiero ti penetrerà nell'anima».

Nella lingua è il segreto dell'unione, il baluardo della nazionalità. Ebbene, quanti italiani in Italia parlano italiano?

I colti tutti; ma noi sappiamo che disgraziatamente essi non formano la maggioranza nella massa emigratrice. Gli altri parlano ligure, parlano siciliano, romagnolo, lombardo, napoletano, piemontese, ma non italiano. La nostra lingua non va più al nord di Pistoja e più al sud di Roma. Un povero lavoratore abruzzese si troverà di fronte ad un suo compagno d'emigrazione ligure, come di fronte ad uno straniero. Mancherà lo slancio dell'affratellamento. Essi non potranno parlarsi, perciò non potranno conoscersi. E per amarsi bisogna conoscersi. Ecco forse la prima e più grave ragione della dispersione, della scissione e della discordia.

Ci troviamo di fronte a questa dura verità; che se tutti i francesi parlano — più o meno — il francese, tutti gl'inglesi l'inglese, i tedeschi il tedesco e i russi il russo, la maggioranza del popolo italiano non parla italiano. Come possiamo pretendere che avvenga all'estero, quello che non avviene in Italia? L'emigrato che non conosce che il suo dialetto, dovrebbe studiare l'italiano come una lingua nuova; è assurdo. Quando deve imparare una nuova lingua impara la più utile: quella del paese.

Ora, possono i figli di questi nostri emigranti cono-