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42 Luigi di San Giusto

quenti sono le imagini stentate, le metafore gonfie; spesso lo stile è duro, involuto, arcaico; e come cito le sue cose più lodevoli, potrei con più abbondanza spigolare tra quelle pedestri e difettose. Anassilla usò poco la lima. Francesco Flamini, in quel suo poderoso Cinquecento, la giudica perciò severamente:

«La sincerità non basta dove occorre vivace il fantasma poetico, squisito il magistero dello stile. Gaspara conosceva le lingue classiche, era intendente di musica; eppure nelle rime difetta di forbitezza e d’armonia».

Di forbitezza, sì; d’armonia non mi pare, nonostante il parere dell’illustre critico.

Io lo prego di rileggere quelle due terzine che ho citato sopra. Un’onda di malinconica armonia li pervade, e mi fa salire le lagrime agli occhi.

Ed io mi resto al sole ed alla luna
piangendo sempre la sventura mia.

Nè sono i soli armoniosi. Ma in tutti i sonetti di Gaspara, e così pure nei madrigali e nelle sestine, vi è, tra qualche verso grezzo e frettoloso, un tesoro di suoni dolcissimi e spontanei, che ti cullano in una soavità infinita.

Questi, per esempio, come facili motivi musicali, mi tornano spesso alla memoria:

la forza insieme e l’anima m’invola,
. . . . . . . . . . . . . . . . . .
del canto la dolcissima armonia.