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Pagina:Luigi di San Giusto - Gaspara Stampa.djvu/62

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58 Luigi di San Giusto



E sì l’assenza e il poco amor v’invola
la memoria di lei, la vostra fede,
che pur non le scrivete una parola!


I ricordi delle gioie trascorse le fanno apparire più amaro il dolore presente.

Oimè, le notti mie colme di gioia,
i dì tranquilli e la serena vita
come mi tolse amara dipartita,
e converse il mio stato tutto in noia!

Quando il soverchio ardore la stringe, ella si sente tentata di usare contro se stessa la propria mano, per finire tanti lamenti con un unico dolore. E quando sarà morta, la compiangano almeno le donne, che conobbero la sua dolorosa passione:

E, poichè io sarò cenere e favilla,
dica alcuna di voi mesta e pietosa,
sentita del mio foco una scintilla;

Sotto quest’aspra pietra giace ascosa
l’infelice e fidissima Anassilla,
raro esempio di fede alta amorosa.

Infine la misera donna, stanca di pregare invano, si rivolge a Vinciguerra, fratello del conte di Collalto, che le si era mostrato sempre affettuoso e benigno. Oh, che egli le ottenga solo una parola del duro suo amante! Ed ecco il sonetto così commovente nella sua semplicità: