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per evitare, in caso di sconfitta, la ritirata disastrosa del suo esercito. Così, il 29 marzo, mandò un suo ufficiale, che consegnò una lettera al San Marzano. Ne riportiamo i brani più salienti:

«Se Dio mi dà la forza, voi da una parte ed io dall’altra, potremo combattere quei dervisci selvaggi e li distruggeremo, allargando il nostro paese. Ciò sarebbe preferibile. Io sono cristiano come voi; siamo fratelli; la discordia nostra serve solo a far ridere gli altri.

«....Io sono re, ed anche Umberto è Re e se sopra di noi ci fosse qualcuno che ci comandasse, io sarei quello che avrei diritto di porgere lagnanze. Io dico questo perchè voi siete venuti a combattere nel mio paese, io non sono andato nel vostro.

«Adesso io non sono venuto per combattere con voialtri; son venuto perchè mi hanno detto che il paese è stato invaso; sono venuto per custodire le mie frontiere. Ritornate dunque nel vostro paese, restiamo ciascuno nel nostro. Il porto di Massaua sia aperto come era prima: che i poveri ed i negozianti che sono da voi e da noi possano liberamente guadagnarsi il loro pane. La risposta mandatemela presto.

Scritta dal campo di Ailet, 26 marzo 1888.»

Il San Marzano comunicò la lettera a Roma per avere istruzioni; infatti egli, dopo averle ricevute, rispose al Negus, chiedendo:

1° Riconoscimento da parte dell’Abissinia del protettorato dell’Italia sulle tribù degli Assaorta e sugli Arabi Habàb.

2° Possesso incontestato dell’Italia su Saàti e Uaà con tutto il terreno retrostante sino al mare e con altrettanto avanti per una giornata di marcia. Ghinda rimarrebbe all’Abissinia; Ailet e la sua valle all’Italia; il confine