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uomini, che pose agli ordini del proprio cugino Ahmed Alì.

Il quale si diresse sul forte di Agordàt, luogo della prima sconfitta: la Colonia Eritrea, in quel tempo, era tanto tranquilla che lo stesso governatore, il generale Baratieri, si trovava in licenza in Italia.

Il colonnello Arimondi, appoggiato al forte, benchè avesse un esercito assai inferiore di numero, accettò coraggiosamente il combattimento, che fu accanitissimo e con esito incerto per ambo le parti: ma, in un ultimo disperato assalto, gli Italiani ebbero ragione del fanatico valore degli attaccanti e li sbaragliarono, riportando, così, una delle più belle e più significative vittorie africane del secolo scorso. Lo stesso comandante mahdista morì combattendo e la stessa fine fecero quasi tutti gli emìri.

I Dervisci, volti in fuga precipitosa, lasciarono in mano degli Italiani 73 bendiere una mitragliatrice e oltre 700 fucili; i vincitori, invece, ebbero un centinaio di morti e poco più di feriti. Ma gli assalitori lasciarono sul terreno più di mille morti, mentre perdettero altri mille uomini tra feriti e prigionieri.

Questo glorioso fatto d’armi era avvenuto nel 1893, proprio quando al ministero Giolitti era subentrato di nuovo quello di Francesco Crispi: il popolo italiano aveva di nuovo aperto il cuore alla speranza. La sconfitta subita dai Dervisci era stata così tremenda che il Calìfa non ardì di ritornare alla riscossa, accontendandosi di fortificarsi in Càssala, sua base d’operazioni contro il territorio italiano.

Il Baratieri, tornato in Eritrea, al principio del 1894, pensò di occupare la località suddetta, dato che essa veniva inclusa nella nostra sfera d’influenza. Ottenutone il consenso da parte del Governo, il Baratieri, radunato un esercito di circa 2.500 soldati, il 12 luglio, mosse da