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Agordàt in direzione di Càssala, presidiata da un migliaio di nemici. Il 17 luglio, avvenne il combattimento, in cui il nemico, sorpreso, oppose un’accanita resistenza sino a tanto che, sopraffatto dallo slancio aggressivo delle truppe italiane, si diede a precipitosa fuga, abbandonando armi, munizioni, viveri, bandiere: in una parola, tutto.

Questa seconda clamorosa vittoria ottenuta con perdite insignificanti, dimostrò ancora una volta che l’esercito italiano era ben degno dei caduti di Dogali, quelli del tenente colonnello De Cristoforis. La notizia, giunta in Italia, colmò di giubilo Governo e Paese: Cassala fu annessa all’Eritrea.

Mentre avvenivano queste cose, si ribellava all’Italia l’Acchelè-Guzài; e Menelìch, nel maggio 1893, denunciava alle potenze il trattato di Uccialli. Ritornato al potere il Crispi, con sottosegretario agli Esteri l’Antonelli, si intavolarono nuove trattative col Negus Neghàst, pel tramite del colonnello Piano. Menelìch non volle sapere del protettorato, sebbene l’Italia avesse ceduto intorno alla questione dei confini.

Mangascià, che si teneva al corrente dei fatti, temendo che il Menelìch avesse il sopravvento, defezionò, cercando in tal modo di farsi perdonare dal suo signore le trascorse malefatte. Ma Menelìch, mentre trattenne a corte Ras Alula per essere stato nemico degli Italiani, cacciò via Mangascià dicendogli che, se volera essere da lui perdonato ed ottenere l’investitura del Tigrài, era necessario che cercasse di cacciarne gli Italiani coi quali tramava a danno della integrità dell’impero.

Mangascià, perchè aveva perduta la fiducia nell’Italia, col pretesto di preparativi contro i Dervisci, apparecchiò contro quest’ultima, facendo contemporaneamente ribellare Bahtà Agòs. Il quale fu clamorosamente sconfitto dal maggiore Toselli a Halài: a sèguito di questa vittoria,