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zioni ostili contro il Ministero, unico e solo reo di tanta guerra e iattura. Ma il Governo era deciso a continuare ad oltranza, tanto più che i rinforzi erano partiti e stavano per giungere a destinazione.

Infatti, quando il Baldissera, sotto il falso nome di Commendator Baccalario, giunse a Massaua, il tre Marzo, il corpo di spedizione ammontava già a 41 mila uomini, il cui morale era altissimo; si sarebbe potuto correre alla riscossa, se il Ministero Crispi non fosse sciaguratamente caduto. E la vittoria sarebbe potuta di nuovo arridere alle armi italiane perchè un fatto certo è che il Negus non ardì avanzare, pur sapendo che la sconfitta inflitta agli Italiani era stata grave e penosa; ma Menelìch non ignorava che i rinforzi non sarebbero potuti mancare.

Ma la discordia, che sempre partorì discordia, fece sì che la sconfitta venisse accettata come definitiva, tanto da indurre l’Italia a riscattare i prigionieri con denaro: atto veramente indegno di una Nazione che avesse avuta piena la coscenza delle sue azioni. Invece, c’era taluno, come un Turati, che, alla vigilia della battaglia di Adua, faceva voti perchè l’Italia fosse sconfitta e per sempre in Africa.

L’Italia non fu sconfitta in Etiopia; sconfitti furono i vari partiti che, per bramosia di potere e per libidine di comando, anzicchè inoculare nel popolo la speranza e la fede della rivincita, lo depressero e lo avvilirono ai propri occhi ed a quello del mondo intero. Perchè l’immeritata sconfitta gravò sull’Italia fino alla guerra libica, cioè fino al momento in cui lo spirito eroico della Nazione non ebbe il sopravvento sulla politica rinunciataria, tentennante contradittoria sempre, vile qualche volta, dei Governi che s’alternarono al potere.

Francesco Crispi, abbandonandolo, ebbe l’animo spezzato, perchè egli confidava nella bontà fondamentale del popolo italiano e nell’eroismo di esso.