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122 | le cerimonie |
SCENA VI
Leandro, Aurelia e Massimo,
poi Trespolo e Orazio.
Si apre l’orizonte e si vede una loggia della casa di Massimo.
son convenuti, altro non resta omai
che soserivere. Ognora che le parti
son condotte da stima vicendevole,
tosto ogni cosa s’accorda. E’ non fu
mai uom contento al mondo, com’io sono
di questo parentado.
Aurelia. Ella mi fa
troppo grazia, signor Leandro; in me
troverá sempre una serva.
Leandro. Anzi io voglio
che la sia d’ogni cosa unica e sola
padrona.
Aurelia. Come tarda ancor lo sposo?
Leandro. Non può far che non giunga; è di continuo
assediato da visite.
Massimo. Senza esso
non si può far la festa.
Trespolo. Oh oh, all’erta!
Aurelia. Che c’è?
Trespolo. Presto, si dá l’assalto, ah, ah!
Massimo. Che hai, balordo? Che ridere è ’l tuo?
Trespolo. La scalata...
Aurelia. Che c’è? Che guardi giú?
Trespolo. A casa nostra la scalata. Orazio...
Leandro. Che c’è d’Orazio? È venuto?
Trespolo. È venuto,