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atto quinto 157


fu da mio padre indicata, il venire

a parlar seco mi fu contrastato
con tanto mio dolor che non so esprimerlo.
Aureli a.   (voltandosi ed osservando) Pare che Orazio abbia qualche negozio
con l’altra sposa e con sua madre.
Bruno.   Io l’ho
avvisato dell’esser essa quella
che dèe sposarsi dal signor suo zio;
però la va complimentando.
Aurelia.   O bene
mi piace molto che si faccia onore,
e par che il faccia con grazia.
Camilla.   Che dunque
non mi burlava?
Orazio.   Io burlarvi, amor mio?
io che dal primo punto in cui vi ho
veduta, non ho piú potuto mai
pensare ad altro?
Leandro.   Or va ben.
Massimo.   Tanto basta.
A l’altro: in questo non bisogna, Alburio,
risparmiar le parole.
Aurelia.   Io mi metto
ne le lor mani e mi riporto a loro.
Massimo.   Non ci vuol altro che dichiarar bene,
come abbiam detto.
Aurelia.   Or via scrivete adunque.
Camilla.   Queste espressioni non sono piú a tempo,
né ora sono a proposito.
Antea.   Eh che se
Orazio parla di cuor veramente,
e s’è di quello spirito ch’uom dice,
è tempo ancor.
Orazio.   Ma che potrei mai fare?
Qual rimedio c’è piú?