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38 | la merope |
Merope. Non la sai eh?
Perfido mostro! Or odi: la tua morte
fia il minor de’ tuoi mali, a brano a brano
qui lacerar ti vo’, se in un momento
tutto non sveli o se mentisci. Parla:
come scoprillo Polifonte? e come
riconoscestil tu?
Egisto. Che mai favelli?
Merope. Non t’infinger, ladron, ché tutto è in vano.
Egisto. Regina, in qualche error tua mente è corsa;
frena l’ira, ti priego, io ciò che chiedi
né pur intendo.
Merope. Empio assassin, tuo scempio
dal trarti gli occhi io giá incomincio. Ancóra
non mi rispondi?
Egisto. O giusti Numi, e come
risponder posso a ciò che non intendo?
Merope. Che non intendo? Polifonte adunque
tu non conosci?
Egisto. Oggi il conobbi, oggi
due volte gli parlai; s’io mai piú il vidi,
s’io di lui seppi mai, l’onnipotente
Giove da le tue mani or non mi salvi.
Ismene. Hanno il lor Giove i malandrini ancora?
Euriso. Ma quel sangue innocente e chi t’indusse
a sparger dunque?
Egisto. Di colui che uccisi
parli tu forse? E chi vuoi tu che indotto
m’abbia? La mia difesa, il naturale
amor de la sua vita, il caso, il fato,
questi fûr che m’indussero.
Merope. O fortuna,
cosí dunque perir dovea Cresfonte!
Egisto. Ma com’esser può mai che tanto importi
d’un vil ladron la morte?