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atto terzo 39


Merope.   Audacia estrema!

Tu vile, tu ladron, tu scelerato!
Egisto.   Eterni Dèi, ch’io venerai mai sempre,
soccorretemi or voi; voi riguardate
con occhi di pietá la mia innocenza.
Merope.   Dimmi: pria di spirar quell’infelice
che disse? Non ti fe’ preghiera alcuna?
Quai nomi proferí? Non chiamò mai
Merope?
Egisto.   lo non udii da lui parola.
Ma il re pur anco di costui chiedea:
che mai s’asconde qui?
Euriso.   Donna, tu perdi
il tempo e la vendetta; in questo loco
di legger può arrivar chi ti frastorni.
Merope.   Mòra dunque il crudele.
Egisto.   O cara madre,
se in questo punto mi vedessi!
Merope.   Hai madre?
Egisto.   Che gran dolor fia ’l tuo!
Merope.   Barbaro, madre
fui ben anch’io e sol per tua cagione
or noi son piú; quest’è ciò che ti perde.
Morrai, fiero ladrone.
Egisto.   Ah padre mio,
tu mel dicesti un dí ch’io mi guardassi
dal por giá mai nella Messenia il piede.
Merope.   Nella Messenia? E perché mai?
Egisto.   Bisogna
credere ai vecchi.
Merope.   Un vecchio è il padre tuo?
dal capo ai pié’ m’è corso un gelo, Euriso,
che instupidita m’ha. Dimmi, garzone:
che nome ha...
Ismene.   Ecco servi, ecco il tiranno.
Merope.   O stelle avverse! Fuggi, Euriso, fuggi
tu ancora Ismene, io nulla curo.