Pagina:Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu/259

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libro sesto 229

zione, se in esso potessimo fidarci delle note numerali, e se avessimo cognizione della diversa linea presa da molte strade nel cambiar qualità i paesi. Per altro questa osservazione non si verifica nel paese nostro solamente. Vigesimo nel Fiorentino, ov’è la Badia de’ Vallombrosani, non si fa ora venti miglia distante da Firenze, ma sedici. Nè mutò punto tal uso di misure per la venuta in Italia delle genti barbare, poichè a’ tempi di Paolo Diacono si facca Monza dodici miglia da Milano, che ora si hanno per dieci; e scrive Liutprando, Autore del decimo secolo, Brescia esser lontana da Verona 50 miglia, che ora si computano per 40 (l. 2, c. 16: Brixianae civitatis, quae L. milliariis a Verona distat).

Non fu scarso anticamente il paese di produzioni che meritassero esser rammentate dagli Scrittori. Quell’uva tra le nostre che si dice Retica, fu sommamente lodata dall’antico Catone, che visse nel sesto secolo di Roma, e se prestiam fede a Servio, fu poi altrettanto biasimata da Catullo (ad Geor. lib. 2: Cato praecipue laudet, ec.). Le viti Retiche rammentò con molta distinzione Virgilio (Geor. lib. 2: et quo te carmine dicam Rhetica?), e pare giudicasse il loro vino unicamente inferiore al Falerno. Augusto se ne compiacque singolarmente (Svet. Aug. c. 77). Fa fede anche Strabone (lib. 4) come non cedea la palma a’ più lodati vini d’Italia, e come a piè de’ monti Retici proveniva. Ma che tal vino, benchè così nomato, si facesse nel Veronese, impariam da Plinio, il qual nell’annoverare i vini