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dell’istoria di verona |
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più perfetti, ricorda i Retici nel Veronese, posposti solamente ai Falerni da Virgilio (l. 14, c. 6: In Veronensi item Rhetica, ec.); e lo ricaviam da Marziale, ove accenna che i vini Retici venissero dalla terra del dotto Catullo (l. 14: Si non ignota est docti, ec.). Anzi bella notizia ci reca il titolo, che pur è antico, di quel Distico: Panaca Veronensis. Siccome la prima voce non avrebbe significato, così è fuor di dubbio, o Panace doversi leggere alla Greca, o Panacea alla Latina; onde ne impariamo che Panacea Veronese chiamavasi a Roma il vin Retico, perchè ai seguaci del buon Lieo dovea parere un balsamo per tutti i mali. Poco felicemente pensò qui il Radero, che i Panaci fosser popoli. Dell’uve da mangiare abbiam dell’istesso Plinio (lib. 14, c. 1: Rheticis prior mensa erat, et uvis Veronensium agro), come avanti Tiberio, il quale altre ne pose in credito, fino in Roma delizia della prima mensa erano le Retiche, e quelle del territorio Veronese; nel qual passo ben conobbe il Cluverio (lib. 15, c. 14: in uno Italiae agro Veronensi nascentia) che la particola congiuntiva soprabbonda, e dee leggersi Retiche, uve del territorio Veronese. Un frutto rammentò il medesimo Autore (lib. 18, c. 11), che facea unicamente nel Veronese, cioè il tubero lanato1, pomo così detto dalla lanugine che avea su la scorza.
- ↑ Tubera lanea. Vedi Salmasio sopra Solino. V. Hard. Svet. in Claudio al fine, Ateneo, Marziale. Non si sa che frutto fosse. V. prima Plinio, se tuber si dica d’altro frutto.