Pagina:Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu/44

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molto usitato (Liv. l. 1); così essendosi detto il fratello di Lucumone e l’un de1 Tarquinii, e narrando Plutarco (in Camil.) che così chiamossi quel Tosco il qual condusse i Galli per vendetta in Italia, quando passarono a Chiusi. Sembra ancora che fosse costume spezialmente Etrusco l’aver Dei locali, cioè particolari e strani, non solamente in ogni gente, ma in ogni luogo: alquanti però ne recita Tertulliano (in Apolog.) affatto ignoti fuor di quel popolo, da cui erano venerati. Apparisce quest’instituto nell’istessa parte del nostro territorio poc’anzi mentovata: poichè abbiamo in una delle suddette iscrizioni la Dea Udisna (v. Ins. II), ed abbiamo in altra pur dagl’istessi colli venuta il Dio Cuslano (v. Ins. III); nè l’un nè l’altro de’ quali da’ Romani o in verun’altra parte si sa che conosciuto fosse; e i quali nomi nè Latini sono, nè Greci, nè di settentrional linguaggio. Non mancherebbe qualche investigazione su questi nomi; ma son cose tanto arbitrarie ed incerte, che non è d’alcun danno il lasciarle. Dicasi il medesimo del nome Ihamna (v. Ins. IV) che abbiamo in lapida trovata nell’alta cima del colle di S. Giorgio, e che pur viene dall’istesso Ottavio Capitone, il quale alla Dea Udisna o simulacro o cappella eresse negli Arusnati. Anche il Dio Cuslano dall’istessa famiglia fu venerato, la quale nel diventar Romani questi paesi, nomi Romani avrà poi assunti. Col nome Ihamna si vede quello di Sqnna1, impronunziabile, perchè

  1. Ma il Galler fu piuttosto sospettare di Gallicismo