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l’aveva interpretata male e ora andava pensando perchè mai suo padre fosse uscito, cosa insolita, col Ferrieri.

Intanto sopraggiunse Nepo infuriato per non aver saputo combinar Marina, e gridando — non è possibile, non è possibile — oltrepassò Edith, senza salutarla, nel vestibolo, mentre il Rico, fermo sulla porta con il suo lanternino, se la rideva di cuore e Momolo brontolava: — Ohe, bardassa, rispettiamo Sua Eccellenza, digo.

Nepo si abbattè sulle scale in Fanny che scendeva in fretta a cercare di Edith per il pranzo. — Dov’è la signora marchesa? — diss’egli senza fermarsi. — Dov’è? rispose Fanny saltando giù per una diecina di scalini. — Nella sua camera — gridò dal fondo della scala, mentre lui n’era già al primo pianerottolo, dove sua madre lo attendeva impaziente.

— Dov’è? — diss’egli sottovoce. — Cosa ti ha detto? Sa che hai parlato al conte Cesare?

A tante domande la contessa rispose con altrettante:

— E tu cos’hai fatto che non venivi più? Dove ti sei perso? Hai trovato Momolo? Va là, diglielo tu che ho parlato al vecchio. Fa presto. L’hanno chiamata a pranzo. In salotto la non c’è ancora. Sarà in camera sua. Aspettala in loggia. Va là!

Quale ignoto spirito d’inquietudine si era infiltrato per le pietre del palazzo? Tutti vi erano nervosi come Nepo e la contessa Fosca. Il signor Paolo rumoreggiava in cucina, indispettito di dover servire un secondo pranzo. Catte aveva toccato una ramanzina dalla contessa per certo bottone, e girava di qua, di là, cercando non so che cosa, borbottando fra i denti di non aver mai visto la padrona così cagna come quella sera. Un domestico correva su e giù dalla cucina al salotto con piatti, bottiglie e bicchieri, sbattendo gli usci co’ piedi, alla disperata. Ferrieri e Steinegge rientravano dalla passeggiata agitatissimi l’uno e l’altro. Il conte Cesare, il Finotti e il Vezza discutevano in sala il primo annuncio della Convenzione