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Pagina:Malombra.djvu/471

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vestito con una veemenza! Anzi, se debbo dire il vero, si è scagliata più contro di lei, signor commendatore, che contro di me, perchè ha compreso subito, con l’acume de’ monomaniaci, che dovevo aver parlato con Lei. Si vede ch’era in sospetto d’una opposizione. Ha detto che si vuole imporle, che non prende lezioni da nessuno, che le rincresce non aver invitate cinquanta persone; e via di questo passo con una irritazione che la soffocava, la faceva tremare come una foglia. Io cercavo di chetarla. Oh, sì, non era possibile, si adirava sempre più. Finalmente dovetti prometterle che tutto si sarebbe fatto secondo i suoi desideri e che anzi mi sarei fermato a pranzo anch’io; e credano, signori, bisogna finirla così. Non consiglierei a nessuno di contraddire una donna che esce da una crisi come quella di stanotte e offre indizi così minacciosi di ricadervi. Ecco.

— Dunque? — domandò il commendator Vezza.

— Dunque io, per parte mia — rispose il dottore con fermezza — farei quello che desidera, benchè non ci avrò davvero tutti i gusti.

— E se noi due ci astenessimo, Lei crede...

— Ma! Ripeto che non lo farei.

Il commendatore consultò Silla con gli occhi.

— Quanto a me — disse questi — non c’interverrò in nessun caso. Si potrà dirle che non sentendomi bene non ho voglia di pranzare e che sono ancora occupato in queste lettere. Meglio ancora; potrò partir prima del pranzo. Del resto, dottore, supponga che donna Marina abbia subìto sino a stanotte l’influenza di una forte scossa morale, e che adesso, per una ragione o per l’altra, se ne sia liberata: non ammette Lei che dei nervi tanto turbati, quantunque rimessi a posto, vibrino ancora per un po’ di tempo? Non ammette che, se la causa del male è distrutta, debba ritenersi improbabile una recidiva?

Il dottore considerò per qualche tempo Silla, prima di rispondere.

— Badi, sa — diss’egli — che quand’anche la causa