Pagina:Mantegazza - Elogio della vecchiaia.djvu/296

Da Wikisource.
272 dialogo intorno alla vecchiezza

schiavi, rispettato dai liberi. Tutti lo avevano caro, e la di lui casa offriva un modello di costumi, e di ordine veramente romano. Così la vecchiezza sostiene il decoro, e vale a mantenersi indipendente, se non è costretta a spogliarsi dell’autorità, e se col senno domina la famiglia fino all’ultimo limite della vita.

È degno di tutta la mia stima quel giovine che la pensa da uomo maturo, non meno del vecchio che conserva vivacità ed animo giovanile, in esso invecchiando bensì il corpo, l’ingegno reggendosi sempre vigile e pronto.

Dal canto mio, ora sto componendo il settimo libro di Origene, faccio collezione d’antichi monumenti, attendo indefessamente a ripulire le orazioni da me pronunciate nelle più celebri cause, studio sui codici degli Auguri, dei Pontefici, e del diritto civile; faccio altresì quotidiano esercizio di lettere greche, e giusta l’uso de’ pitagorici, onde tenermi pronta la memoria di quanto dissi, ascoltai e feci nella giornata, tengo nota nella sera. È questa la maniera di affilare l’ingegno, questa la ginnastica del pensiero. Occupato assiduamente, ottengo di sentire ben poco il bisogno delle forze del corpo. Non lascio negletti gli amici, di frequente intervengo alle adunanze del Senato; per quelli e per questo presento memorie profondamente studiate che faccio valere col vigore dell’animo, anzichè con le fisiche forze. Ed ove me ne sentissi incapace, mi riuscirebbe gradito anche lo stesso letto sul quale starei adagiato, elaborando col pensiero le idee che non bastassi a mandare ad effetto. Ma grazie al mio sistema di vita, m’è dato di attendervi e trarle a compimento.