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un istante solo d’odio o di amore, di voluttà o di dolore.

O mia Emma, dove mi sono io smarrito! — Voleva darti il benvenuto al tuo arrivo a Madera; e ti ho parlato di gelosia e fors’anche t’ho fatto della metafisica. Tu che mi intendi, anche quando non parlo, m’avrai inteso anche questa volta. Tu avrai inteso e perdonato la mia gelosia, in cui non sento ombra d amarezza; in cui credo non si nasconda la più piccola vanità, il più innocente egoismo.

Tu sei una cosa mia, come sono miei i miei pensieri, i miei occhi; tu sei mia come son mie le mie mani; tu sei più che la metà di me stesso, e ora che sei lontana, mi ti sento avvinto più ancora di quando mi sei vicina; e pensando a te con munito odore, mi pare che una parte di me stesso sia in me malata, sicchè io di essa sola mi occupo: per essa sola mi tormento e mi cruccio.

La gelosia di un’anima onesta è il bisogno di volere che il nostro calore riscaldi tutte le nostre membra, che nelle nostre viscere non entri che il nostro sangue. La gelosia, così com’io l’intendo, è la coscienza piena di sè stesso, è l’amore di sè stesso, è l’istinto della propria conservazione, è il più santo dei diritti naturali.

La massima parte di me stesso è a Madera; ed io l’accompagno con immenso amore, ed io la circondo d’un fiato che me la conservi, che me l’accarezzi, sicchè quel ch’è mio rimanga mio soltanto e mio sempre e innanzi a morire non m’abbia a veder dilaniate le membra e sanguinanti escirmi le viscere da un’ampia ferita. L’uomo solo non esiste, te l’ho pur detto le cento volte; non esiste la donna sola; ma solo io conosco un uomo-donna vivente, vivente di quella ch’io soltanto chiamo vita.

Fa dunque, mia Emma, di serbarmi il mio posticino sui basalti muschiosi dell’isola e alla spiaggia del mare e nel tuo canestro di fiori. E che l’aria imbalsamata di Madera ti accarezzi soavemente le chiome, e ti entri mollemente nel petto e ti risani e ti ritorni a me presto. Che sotto i tuoi piedi fioriscano i prati e