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gl’inni sacri e la morale cattolica. 137

Che il pino inflessibile agli austri,
        Che docile il salcio alla mano.
        Che il larice ai verni, e l’ontano
        Durevole all’acque creò;
A quello domanda, o sdegnoso,
        Perchè sull’inospite piagge,
        Al tremito d’aure selvagge,
        Fa sorgere il tacito fior,
Che spiega davanti a lui solo
        La pompa del pinto suo velo,
        Che spande ai deserti del cielo
        Gli olezzi del calice e muor.


Il Manzoni, per propria confessione, voleva dimostrare che non vi è nulla e nessuno inutile a questo mondo; che come Dio ha le sue ragioni per far crescere il fiore nel deserto, così anche i monaci, anche gli eremiti sebbene apparentemente inutili alla società, avranno qualche merito, per le loro solitarie e segrete virtù, innanzi al Creatore. Ma ancora qui il ragionamento vince ed ammazza il sentimento. Il Manzoni ha pensato molto più che sentito gl’Inni Sacri. Non gli uscirono dal cuore per impeto di una fede ardente, ma dalla testa, per disciplina della propria ragione piegata e costretta a quell’esercizio letterario dai consigli, dagli eccitamenti, anzi dai precetti di monsignor Luigi Tosi suo confessore. Egli obbedì, ma era evidente che l’obbedienza gli costava molta fatica. Si voleva fare dell’ode Pariniana un’ode Cattolica, e si toglieva alla lirica il principale dei suoi caratteri, la spontaneità. Nello sforzo per riuscir sublime, molte volte il Manzoni negl’Inni Sacri riuscì oscuro; una tale oscurità non si dissimulava egli me-