Pagina:Manzoni - La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, Milano, 1889.djvu/31

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introduzione 11

vita d’una Nazione non può essere un dono d’altri» È bensì vero che una Nazione divisa in brani, inerme nella massima parto, e compressa da una preponderante, ordinata e vigilante forza straniera, non potrebbe da sé rivendicare il suo diritto d’essere: e questa è la sua infelicità, e un ricordo di modestia. Ma è vero altresì, che non lo potrebbe nemmeno con qualunque più poderoso aiuto estemo,, senza un forte volere e uno sforzo corrispondente dalla sua parte: e questo è il paragone della sua virtù, e un giusto titolo di gloria, e insieme un motivo di fiducia nell’avvenire, quando lo sforza sia coronato dal successo.

Con le sole sue forze, infatti, una Nazione qualunque, ridotta in tali strette, non che compire la sua liberazione, non potrebbe nemmeno tentarla sul serio, essendole troncato ogni mezzo di raccogliere, con un comune concerto, queste forze sparse, e non le rimanendo altro che l’infelice espediente dell? congiure; le quali, e deboli in ciascheduna parte, e sparpagliate nel tutto, vengono facilmente represse , e non servono che a dare all’oppressore materia di supplizi, e novi mezzi di terrore: anzi, a impedirne lo scoppio, basta per lo più l’imbelle e turpe milizia delle spie.

E, viceversa, qualunque più poderoso e anche leale aiuto straniero sarebbe insufficiente a rendere stabilmente libera e signora di se una Nazione inerte; poiché, per mantenersi e per governarsi, le sarebbero necessarie quelle virtù appunto che le sarebbero mancate per concorrere alla sua