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118 il palagio d’amore


63.L’altera Dea che del gran Rege è moglie
de l’usato s’ammanta abito regio.
Di doppie fila d’or son quelle spoglie
tramate tutte, e d’oro han doppio fregio;
sparse di Soli, e folgorando toglie
ogni Sole al Sol vero il lume e ’l pregio.
Di stellante diadema il capo cinge,
e lo scettro gemmato in man si stringe.

64.Quella ch’Atene adora ha di bei stami
di schietto argento e semplice la vesta,
riccamata di tronchi e di fogliami
di verde olivo, e di sua man contesta.
Tien d’una treccia degl’istessi rami
il limpid’elmo incoronato in testa.
Sostien l’asta la destra, e ’l braccio manco
di scudo adamantin ricopre il fianco.

65.L’altra, c’ha ne’ begli occhi il foco e ’l telo,
d’artificio fabril pompa non volse,
ma d’un serico a pena azurro velo
la nudità de’ bianchi membri involse:
color del mare, anzi color del cielo
(quello la generò, questo l’accolse);
leggier leggiero, e chiaramente oscuro,
che facea trasparer l’avorio puro.

66.Prende Mercurio il pomo, agili e presti
ponsi a le tempie i vanni ed a’ talloni,
e la verga fatal, battendo questi,
si reca in man, ch’attorti ha duo Dragoni.
Per ben seguirlo l’emule celesti
lascian Colombe, e Nottule, e Pavoni:
ed è lor carro un nuvoletto aurato
lievemente da Zefiro portato.