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canto quarto 201


3.Sembra il flagel, che correggendo avisa
anima neghittosa, amaro in vista,
ma di salubre pur calice in guisa
la purga, e giova altrui mentre ch’attrista.
Vite dal podador tronca e recisa
fecondità da le sue piaghe acquista.
Statua da lo scarpel punta e ferita
ne diventa più bella, e più polita.

4.Selce, ch’auree scintille in seno asconde,
il lor chiuso splendor mostrar non pote,
se da l’interne sue vene profonde
non le tragge il focil che la percote.
Corda sonora a dotta man risponde
con arguta armonia di dolci note,
e ’l vantaggio che trae di tal offesa,
quanto battuta è più, vie più palesa.

5.Rotta la conca da mordace dente,
la porpora real si manifesta.
Né del gran, né del vin si gusta o sente
l’eccellenza e ’l valor, se non si pesta.
Stuzzicato carbon vien più cocente,
soffiata fiamma più s’accende e desta,
palla a terra sospinta al ciel s’inalza,
e sferzato paleo più forte sbalza.

6.La fatica e ’l travaglio è paragone
dove provar si suol nostra finezza;
né senz’affanno e duol premi e corone
può di gloria ottener vera fortezza.
De l’Amica d’Amor tel mostri, Adone,
la tribulata e misera bellezza,
or ch’egli i tanti suoi strani accidenti
ti prende a raccontar con tali accenti: