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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/225

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canto quarto 223


91.Ella rapita da sì ricchi oggetti
entra, e d’alto stupor più si confonde,
poi ch’a la maestà di tai ricetti
ben la gran supellettile risponde.
Ecco, dove al cantar degli augelletti
fermossi; ivi spiegò le trecce bionde;
qui, poi che intorno a spazïar si mise,
respirò dolcemente, e qui s’assise.

92.Quel che più l’empie il cor di meraviglia,
è che negletto è qui quanto si gode.
Casa sì signoril non ha famiglia,
abitante non vede, ostier non ode.
Castaldo alcun di lei cura non piglia,
né di tanto tesor trova custode.
Vaga con gli occhi, e ’l vago piè raggira:
tutto insomma possiede, e nessun mira.

93.Voce incorporea intanto ode, che dice:
«Di che stupisci? o qual timor t’ingombra?
Sappi cauta esser sì, come felice:
omai dal petto ogni sospetto sgombra.
Non bramar di veder quel che non lice,
spirito astratto, ed impalpabil ombra.
Gli altri beni e piacer tutti son tuoi,
ciò che qui vedi, o che veder non puoi».

94.Da non veduta man sentesi in questa
d’acque stillate in tepida lavanda
condur pian piano, indi spogliar la vesta,
e i bei membri mollir per ogni banda.
Dopo i bagni e gli odor, mensa s’appresta
coverta di finissima vivanda;
e sempre ad operar pronte e veloci
son sue serve e ministre ignude voci.