Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/239

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canto quarto 237


147.ma se non vuoi de le voraci brame
cibo venir di sì vil bocca indegno,
pria ch’alfin sazia la lascivia infame
teco trangugi l’innocente pegno,
de la Fera crudel tronchi lo stame
senz’altro indugio un generoso sdegno,
e prendi a un colpo d’estirpar consiglio
il proprio essizio, e ’l publico periglio».

148.Sentesi Psiche a quel parlar d’orrore
tremare i polsi, ed arricciare i crini:
sudan l’estremità, palpita il core,
spariscon dal bel volto ostri e rubini,
gelan le fibre, e di gelato umore
lucidi canaletti e cristallini
stilla essangue la fronte, a punto quali
suole Aurora d’April rugiade australi.

149.Contrarie passïon, tra cui s’aggira,
in quel semplice cor fan guerra interna.
D’amore e d’odio, e di spavento e d’ira
gran tempesta la volge e la governa.
Nave rassembra, a cui mentr’Ostro spira,
or Garbino, or Libecchio i soffi alterna.
Pur dopo molti alfin pensier diversi
nel fondo d’ogni mal lascia cadersi.

150.Dimenticata già d’ogni promessa,
tutto il secreto a buona fé rivela.
Del furtivo marito il ver confessa,
e che fugge la luce, e che si cela.
Rapita dal timor, dal duolo oppressa,
geme, freme, s’afflige, e si querela;
e mancandole in ciò saldo discorso,
di pietà le riprega, e di soccorso.