Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/251

Da Wikisource.

canto quarto 249


195.Tra le pietre medesme (ahi semplicetta)
lasciò le membra dissipate e sciolte.
Così fur con egual giusta vendetta
le due Pesti maligne al mondo tolte.
E così chi di fraude si diletta
ne’ propri lacci suoi cade a le volte.
Volse farle ambedue fato consorte,
come complici al mal, compagne in morte.

196.Ma Psiche or quinci or quindi errante e vaga,
ricercando di me, le vie scorrea,
di me, che per dolor di doppia piaga
su le piume materne egro giacea;
e ben che di sue ingiurie alquanto paga,
pur tra duri martìr l’ore traea,
spendendo i giorni in gemiti dirotti,
e consumando in lagrime le notti.

197.Stavasi intanto la mia bella madre
nel profondo Oceano, ove già nacque,
quelle membra a lavar bianche e leggiadre
ond’ella agli occhi tuoi cotanto piacque.
Ed ecco a lei da le volanti squadre
un marittimo augel ch’abita l’acque,
sotto l’onde attuffando allor le penne,
tutto il successo a rivelar le venne.

198.Le prende a raccontar l’iniquo Mergo
e le mie nozze, e ’l già concetto pegno.
Scopre ch’io porto ne l’adusto tergo
di grave cicatrice impresso segno.
Narra ch’ascoso entro l’usato albergo
languisco in amor sozzo, in ozio indegno.
Conchiude alfine il relator loquace
che ’l mondo tutto a biasmo suo non tace.