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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/252

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250 la novelletta


199.Oh qual nel cor di Venere s’aduna
fiamma di sdegno allor fervida e viva!
Dimanda al messo in vista oscura e bruna
chi sia l’Amica mia, chi sia la Diva.
Se sia del popol de le Ninfe alcuna,
o de le Dee nel numero s’ascriva.
Se tolta io l’abbia, e qual scelta di loro,
o de le Muse, o de le Grazie al coro.

200.Risponde non saver di questa cosa
l’alato ambasciador quanto né come,
se non che strugge Amor fiamma amorosa,
e ch’egli ama una tal, che Psiche ha nome.
Sembra la Dea non Dea, Furia rabbiosa
a quell’annunzio, e con discinte chiome
esce del mar correndo, e ’n su le soglie
giunta de la mia stanza, il grido scioglie:

201.«Così dunque ubbidisci a’ detti miei,
quant’io t’impongo ad esseguire accinto?
ito in tal guisa a vendicarmi sei?
ed hai di Psiche il tant’orgoglio estinto?
Oh degne palme, oh nobili trofei!
Ecco il forte campion che ’l mondo ha vinto,
l’Arciero egregio, il Feritore invitto,
or da donna mortal langue trafitto.

202.Ecco quel grande e generoso Duce,
per cui soffre ogni cor tormento e pena:
e con infamia tanta or si riduce
a lasciarsi legar con sua catena;
e ’n vil trïonfo prigionier l’adduce
bellezza corrottibile e terrena!
Quel buon figlio leal, ch’un van diletto
suole anteporre al maternal precetto!