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252 la novelletta


207.Né pur del forte tuo terribil Dio
temi l’armi guerriere e vincitrici,
anzi talor per maggior scorno mio
concubine gli trovi, e meretrici.
Ma di sì fatti scherzi i’ so ben io
come far l’ire mie vendicatrici!
Vo’ che tante follie ti costin care,
e queste nozze tue ti sieno amare.

208.Deh che far deggio? o come a l’insolenza
di questo sfrenatel stringere il morso?
Mi convien pur malgrado, a l’Astinenza,
mia nemica mortal, chieder soccorso.
Per dargli al fallo egual la penitenza,
forza è pur ch’a costei rivolga il corso!
Costei, ben che da me sempre aborrita,
fia che mi porga a la vendetta aita.

209.Ella di quest’altier, che sì presume,
domi le forze, e suoi pensier perversi.
Io fin che quel crin d’or, che per costume
più d’una volta innanellando tersi,
per me tronco non veggia; e quelle piume,
che ’n questo sen di nèttare gli aspersi,
di mia man non gli svella, unqua non fia
che sodisfaccia a l’alta ingiuria mia».

210.Con questo dir da’ suoi furor rapita
va per far al mio core oltraggio e danno,
e Cerere e Giunon trova a l’uscita,
che le van contro, e compagnia le fanno;
e veggendola afflitta e scolorita,
dimandan la cagion di tanto affanno.
Ella di quel dolor la somma spiega,
e sue ragioni ad aiutar le prega.