Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/260

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258 la novelletta


231.In qual grotta sì fosca o sì profonda
chiuder mi deggio? o dove andar sì lunge
ch’agli occhi inevitabili m’asconda
di Citherea, che ’n ogni parte giunge?
Fia dunque il meglio, ch’ai destin risponda,
e ’l corso affretti ov’ei mi sferza e punge.
Che tardo? un franco ardir tronchi ogn’indugio,
e l’altrui crudeltà sia mio refugio.

232.Colà n’andrò dov’ella alberga e regna
in prigion volontaria a farmi ancella.
Forse quell’ira alfin del Cielo indegna
pietosa deporrà, sì come bella.
Forse ancor ha ch’ivi trovar m’avegna
chi m’aventò nel cor fiamme e quadrella;
e che con lieta, o con infausta sorte
o m’impetri perdono, o mi dia morte».

233.Mentr’ella in guisa tal s’aggira ed erra,
drizzando i passi ove di gir propone,
e per ottener pace a tanta guerra
gli argomenti tra via studia e compone;
stanca Ciprigna di cercarla in terra,
i rimedi del Ciel tentar dispone.
Rivolge il carro invèr le stelle, e poggia
su i chiostri empirei, ove il gran Giove alloggia.

234.Quivi Mercurio con preghiere astringe
che la bandisca, e sappia ove si cela.
Gli narra la cagion ch’a ciò la spinge,
promette premïar chi la rivela,
dichiara il nome e le fattezze pinge,
aggiungendo gl’indizii a la querela:
acciò che s’egli avien ch’alcun la trovi,
scusa poi d’ignoranza altrui non giovi.