Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/283

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11.Non manca quivi a corteggiarlo accinta
di festevoli Ninfe accorta schiera,
né con piuma qual d’oro, e qual dipinta,
vago drappel di Gioventute arciera;
ch’ai bel fanciul, da cui fu presa e vinta
la bella Dea che ’n quell’albergo impera,
stanno in guisa d’ancelle e di sergenti,
diversi uffici a ministrare intenti.

12.Chi d’ambrosia gl’impingua il crin sottile,
chi di rosa l’implica, e chi di persa,
chi di pomposo e barbaro monile
la bella gola e candida attraversa,
altri a l’orecchie di lavor simile
gemma gli appende folgorante e tersa;
tal che tutto si vede intorno intorno
di molli arnesi e feminili adorno.

13.Incantato da’ vezzi, e tutto inteso
a cose Adon sí disusate e nove,
parte d’alto stupor che l’ha sorpreso
vinto, bocca non apre, occhio non move,
parte sovra pensier, seco sospeso
volge suo stato, e con cui siasi, e dove;
e sparso intanto d’un gentil vermiglio
basso tien per vergogna a terra il ciglio.

14.Qui presente d’Atlante era il nipote,
perché non pur la sua natia Cillene
lascia talor, ma da l’eterne rote,
per scherzar con Amor, spesso ne viene.
Questi al Garzon s’accosta, e sí lo scote,
ch’alzar gli fa le luci alme e serene.
Favoleggiando poi dolce il consiglia,
e con modi piacevoli il ripiglia.