Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/290

Da Wikisource.

LA TRAGEDIA

2 88

39.Qual prò ti fia per balze e per caverne
seguir de’ mostri orribili la traccia?
Vienne vien’ meco a le delizie eterne,
maggior preda fia questa, e miglior caccia.
E s’avien che colá ne le superne
piagge i bei membri essercitar ti piaccia,
trarrai per le stellate ampie foreste
dietro a l’Orse del polo il Can celeste.

40.Lascia omai piú di ricordar, rivolto
a le selve, agli armenti, Ida né Troia.
Sei celeste, e felice; avrai, raccolto
tra gli eterni conviti, eterna gioia.
L ne l’aspra stagion, quand’Austro sciolto
l’aria, la terra e ’l mar turba ed annoia,
visitata dal Sol, lucida e bella
scintillerá la tua feconda stella».

41.Cosí gli parla, e ’ntanto al sommo regno,
de la gente immortai patria serena,
non però senza scorno e senza sdegno
de la gelosa Dea, lo scòrge e mena,
dove del nobil grado il rende degno
che sempre in ogni prandio, in ogni cena
a mensa in cavo e lucido diamante
porga il nèttare eterno al gran Tonante.

42.Hebe e Vulcan, che poco dianzi quivi
de la gran tazza il ministero avieno,
giá rifiutati, e de l’ufficio privi,
cedono al novo aventurier terreno.
Ei l’ama sí, ch’innanzi a Dive e Divi
quando il sacro teatro è tutto pieno,
ancor presente la ritrosa moglie,
da Ganimede suo mai non si scioglie.