Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/291

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43.Non gli reca il Garzon giá mai da bere
che pria noi baci il Re che ’n Ciel comanda,
e trae da quel baciar maggior piacere
che da la sua dolcissima bevanda.
Talvolta a studio, e senza sete avere,
per ribaciarlo sol, da ber dimanda.
Poi gli urta il braccio, o in qualche cosa intoppa,
spande il licore o fa cader la coppa.

44.Quando torna a portar l’amato paggio
il calice d’umor stillante e greve,
rivolti in prima i cupid’occhi al raggio
de’ bei lumi ridenti, egli il riceve,
e col gusto leggier fattone un saggio,
il porge a lui, ma mentr’ei poscia il beve,
di man gliel toglie, e le reliquie estreme
cerca nel vaso, e beve, e bacia insieme.

45.Ma che? Tu sovra questo, e sovra quanti
piú pregiati ne furo unaua tra noi
darti ben a ragion titoli e vanti
d’aventuroso e fortunato puoi,
poi che ’l piú bel de’ sette lumi erranti
hai potuto invaghir degli occhi tuoi,
e por te stesso in signoria di quella,
ch’influisce ogni grazia, amica stella.

46.E però ti consiglio, e ti ricordo,
che di tanto favor ringrazii il fato.
Non esser al tuo ben cieco, né sordo.
Sappi gioir di sí felice stato.
Né cagion lieve, o van desire ingordo
partir ti faccia mai dal fianco amato;
perché cose s’incontrano sovente
onde, quando non vale, altri si pente.

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