Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/316

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143.Ciò fatto, il bel teatro ancor si chiude,
poi si vede sgorgar vaga fontana,
dove tra molte sue seguaci ignude
stassi Attheone a vagheggiar Diana.
Ed ella con le man leggiadre e crude
gli toglie dopo il cor la forma umana.
Con pelo irsuto, e con ramose corna
il miser Cacciator Cervo ritorna.

144.Nel fin di questo in un azurro puro
a l’improviso il ciel si discolora,
e fregiando d’argento il campo oscuro,
con le stelle la Luna ecco vien fora.
Poi dando volta il neghittoso Arturo,
col giorno a mano a man sorge l’Aurora.
Vero il Sol crederesti, e vera l’Alba,
che le nebbie rischiara, e l’ombre inalba.

145.S’alza il Palco di sotto a un tempo istesso,
e mezo Anfiteatro in giro spande.
Prospettiva superba appare in esso
con ricca mensa e sontuosa e grande:
e v’ha de’ sommi Dei tutto il consesso
con tal pompa d’arnesi e di vivande,
tanto tesor, tanto splendor disserra,
che sembra a punto il Ciel calato in terra.

146.Concerto allor di musici concenti
da basso incominciò, d’alto e da lato,
e concordi s’udir vari istromenti,
qual da man, qual da gamba, e qual da fiato,
ed acuti e veloci, e gravi e lenti
alternar versi al pasteggiar beato,
e rispondersi insieme in molti cori
mute di Ninfe, e sinfonie d’Amori.