Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/445

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3.Lunge deh lunge alme severe e schive
da la mia molle e lusinghiera Musa.
Da poesie sí tenere e lascive
incorrotta onestá vadane esclusa.
Ah non venga a biasmar quant’ella scrive
d’implacabil Censor rigida accusa,
la cui calunnia con maligne emende
le cose irriprensibili riprende.

4.Di Poema inorai gravi concetti
udir non speri Hipocrisia ritrosa,
che notando nel ben solo i difetti,
suol còr la spina, e rifiutar la rosa.
So che fra le delizie e fra i diletti
degli scherzi innocenti alma amorosa
cautamente trattar saprá per gioco
senza incendio o ferita il ferro e ’l foco.

5.Suggon l’istesso fior ne’ prati Hiblei
Ape benigna e Vipera crudele,
e secondo gl’instinti o buoni, o rei,
l’una in tosco il converte, e l’altra in mèle.
Or s’averrá ch’alcun da’ versi miei
concepisca veleno, e tragga fele,
altri forse sará men fiero ed empio,
che raccolga da lor frutto d’essempio.

6.Sia modesto l’Autor; che sien le carte
men pudiche talor, curar non deve.
L’uso de’ vezzi e ’l vaneggiar de l’arte
o non è colpa, o pur la colpa è lieve.
Chi da le rime mie d’Amor consparte
vergogna miete, o scandalo riceve,
condanni o scusi il giovenile errore;
ché s’oscena è la penna, è casto il core.