Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/476

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127.Favella il bacio, e del sospir, del guardo
(voci anch’essi d’Amor) porta le palme,
perch’al centro del cor premendo il dardo
su la cima d’un labro accoppia l’alme.
Che soave ristoro al foco ond’ardo,
compor le bocche, alleggerir le salme?
le bocche, che di nèttare bramose
han la sete e ’l licor, son api e rose.

128.Quel bel vermiglio, che le labra inostra,
alcun dubbio non ha che sangue sia.
Or se nel sangue sta l’anima nostra,
sí come i saggi pur voglion che stia,
dunque qualor baciando entriamo in giostra,
bacia l’anima tua l’anima mia,
e mentre tu ribaci, ed io ribacio,
l’alma mia con la tua copula il bacio.

129.Siede nel sommo de l’amate labbia,
dove il fior degli spirti è tutto accolto,
come corpo animato in sé pur abbia,
il bacio, che da i’anima vien tolto.
Quivi non so d’Amor qual dolce rabbia
l’uccide, e dove muor resta sepolto:
ma lá dove ha sepolcro, ancora poi,
baci divini, il suscitate voi.

130.Mentre a scontrar si va bocca con bocca,
mentre a ferir si van baci con baci,
sí profondo piacer l’anime tocca,
ch’apron l’ali a volar, quasi fugaci;
e di tanta che ’n Ior dolcezza fiocca
essendo i cori angusti urne incapaci,
versanla per le labra, e vanno in esse
anelando a morir l’anime istesse.